Aprile 2019, Workshop Finale

I preparativi
Qualcuno leggendo il titolo potrebbe aver pensato ad un epilogo, invece no. Al contrario è la storia di come tutto ebbe inizio. Il titolo in effetti è fraintendibile, volutamente direi. Il classico clickbait, lo ammetto.
Finale, in Liguria. Una cittadina che in estate è densamente popolata come Shanghai all'ora di punta ma che in altre stagioni si svuota diventando pressoché deserta. Finale, dove i parcheggi per le macchine sono più rari delle buone azioni. Finale, l’inizio.
Il workshop comincia di sabato ma io parto già il venerdì dopo pranzo. Mi piace prendere le cose con calma. E poi è da tanto che non vedo il mare, stare un po’ da solo con lui mi farà bene. Il tempo non è dei migliori e le previsioni sono in linea con quelle di tutti i weekend durante il periodo lavorativo, una merda.
Arrivo verso le 6 di pomeriggio, in tempo per un giro sul lungomare dopo aver posato le valige in hotel. È aprile ma sembra autunno, vento gelido e nubi minacciose all'orizzonte, non certo il clima ideale per dipingere en plein air ma perfetto per qualche foto malinconica da condividere subito con la moglie a casa distante chilometri. La sua risposta non si fa attendere: “Mi hai lasciata sola il weekend. Ti sta bene”. Severo ma giusto.
Questa sera pizza all'Osteria del Buon Gusto consigliatami dalla signora alla reception dell’albergo. Non delude le aspettative ed in più… sorpresa! Hanno la birra prodotta nel paese in cui abito. Che piacevole coincidenza! Scatto subito una foto della bottiglia e la mando alla mia dolce metà che subito mi risponde con: “Spero ti vada di traverso”. La adoro.
Coricato nel letto rifletto: è il terzo workshop a cui partecipo, il primo di due giorni di durata e sono pervaso da un misto di emozioni tra l’eccitazione e la paura che sia una delusione. Mi aspetto tanto e per questo mi convinco che sarà brutto, così nel caso posso dirmi “Te l’avevo detto”. Mi addormento detestandomi.
Il primo giorno
Sveglia alle 6 che il Workshop inizia alle 9 con ritrovo sulla terrazza dell’albergo in cui alloggio. Mi piace prendere le cose con calma. Passeggiata mattutina in riva al mare. Diluvia. Ovvio, le previsioni nel weekend se sono brutte non sbagliano mai. Colazione immancabile al bar, doccia fresca per svegliarsi e poi 2 ore a fissare il muro in attesa che arrivino le 9. Forse dovrei prendere le cose con meno calma.
Mi dirigo verso il terrazzo che è allestito per l’evento, ovviamente sono il primo, scelgo un posto tattico e comincio a circondarlo con il mio materiale, chiaro messaggio intimidatorio rivolto ad eventuali rivali intenzionati a rubarmelo. Poco dopo arrivano i maestri Roberto, che già conosco, e Max. Scambio due chiacchiere con loro, solo due però, non perché non voglia ma perché ho paura di infastidirli, di essere invadente, di assillarli con le solite domande che in tanti gli avranno già fatto e mi pento, rimugino, nel frattempo arrivano gli altri allievi che si fanno meno problemi di me e che in pochi secondi li accerchiano e li portano via come un branco di felini avidi sulla preda, subissandoli di domande. Non posso fare altro che assistere impotente.
Consapevolezza
Il workshop inizia, non è il primo come ho già detto eppure c’è qualcosa di diverso, non nei maestri, non nel luogo, non nei compagni di corso, è in me. È la consapevolezza di far parte di un contesto che ho sempre desiderato, di star facendo Arte in mezzo ad artisti e grazie ad artisti, di essere lì perché l’ho voluto. Fuori diluvia ma dentro di me c’è il sole.
Non descriverò il corso nelle sue fasi tecniche, non parlerò dell’attrezzatura usata dai maestri (che è per molti un feticcio assoluto) o di quanti e quali colori abbiano usato per ogni singola velatura. Se cercate quello, mi spiace ma in questo articolo non lo troverete. Mi scuso per avervi trattenuto fino a qui, anche se non posso nascondervi il moto d’orgoglio per l’esserci riuscito, ma esistono già centinaia di tutorial che spiegano tecnicamente come si fanno le cose, per qualsiasi cosa, in qualsiasi modo. Sarebbe solo l’ennesimo.
Pochi invece raccontano l’aspetto più umano di questi incontri, che il modo migliore di affrontarli è viverli nella loro interezza invece che subirli come una lezione di scuola, senza abbattersi se non si riesce a fare in un paio d’ore quello che il maestro ha maturato in anni di esperienza e senza galvanizzarsi troppo se il dipinto ci è venuto bene. In quelle circostanze l’emozione e l’aiuto del maestro sono fattori che possono scoraggiarci o illuderci molto.
Plein Air!
Verso metà mattinata smette di piovere ed un timido raggio di sole fa capolino tra le nubi. Baraonda. Metà di noi, me compreso, si catapultano fuori trascinando di peso il maestro Roberto per andare a fare una lezione plein air. Lui non prova neanche ad opporsi, non gli conviene. In mezzo al paese la gente che passeggia si ferma a guardare i nostri lavori e ogni volta noi siamo pronti con la frase: “siamo ad un corso”, che tradotto vuol dire: “te lo leggo negli occhi che ti fa schifo ma tu rivedi i tuoi parametri di giudizio perché sto imparando”. Tanti passanti guardando il dipinto che sta in mezzo a tutti gli altri esclamano: “Bello quello!”. E noi in coro: “tante grazie, è del maestro!” con successiva occhiataccia mista tra rimprovero e comprensione.
La sera, dopo una cena di gruppo, io e un altro allievo ci fermiamo a bere una birra con Roberto e Max. Mentre si chiacchiera in mezzo alla movida ligure cerco di sembrare disinvolto e tranquillo ma dentro di me sono come un bimbo che ha davanti i suoi supereroi in carne e ossa. Ogni tanto mi accorgo di avere il sorriso da ebete.
Secondo giorno
Il secondo giorno ho la fortuna di perdere il posto guadagnatomi il giorno prima finendo a lavorare in piedi sul mio cavalletto da plein air. Una fortuna perché ho modo da quella posizione più elevata rispetto agli altri seduti ai banchi di osservare i compagni concentrati, arrabbiati, sereni, isterici, abbattuti o tronfi sulle loro opere. C’è chi sbuffa borbottando come una caffettiera, chi gioisce applaudendosi, chi scaraventa via i pennelli a mo’ di coltelli da lancio e chi continua a rimirare la propria creazione con gli occhi dell’amore. Adoro le loro espressioni, sono sincere, sono vive, anche se probabilmente non tutti stanno vivendo quei momenti con lo spirito giusto, e un po’ mi spiace.
Finisce il pomeriggio e finisce anche il corso. Non sono neanche ripartito ed ho già nostalgia di tutto questo.
Il ritorno a casa
Mentre saluto tutti e mi preparo a partire non immagino minimamente come questi due giorni influiranno successivamente sulla mia vita, sulle mie scelte e sul cammino che deciderò di intraprendere. Per molti una sciocchezza, per me molto importante. Ho smesso di dipingere appena finito il liceo artistico, ero bravo ma giovane. In quei due giorni ho capito che dopo vent’anni era venuto il momento di riprendere da dove avevo interrotto.
Sulla via del ritorno chiamo a casa, lei mi risponde e le dico che mi manca e che sto arrivando. La sento sorridere, buon segno. Poi dopo un breve silenzio mi dice: “Devi farti perdonare, passa a prendere del sushi.”
Un bel Finale.
Un ringraziamento sincero a Mauro per la splendida organizzazione di quel fantastico weekend ligure.

Dipinto realizzato En Plein Air durante la sessione con il maestro Massimiliano Iocco
Ciao mondo!31 Luglio 2020
3 commenti
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Fantastico report
Ciao Albi, grazie mille. Di quei giorni ho solo bei ricordi, per me un’esperienza unica! 🙂 Mauro ne sta organizzando un altro per ottobre, spero di rivedere anche te lì.
A presto!
Ciao Simone, ho letto con grande piacere il reportage e ne ho gustato il tono umoristico..!!Nonostante il disagio dell’esperienza sulla spiaggia hai comunque dato prova della tua abilità pittorica!!